Edificio aziendale con alberi verdi su sfondo grigio che richiamano il fenomeno del greenwashing sul tema green claims.

Green claims e sostenibilità sociale

L’approvazione del decreto legislativo che recepisce la Direttiva (UE) 2024/825 sui “green claims” segna un primo passo importante verso la riduzione di affermazioni ambientali e sociali generiche o ingannevoli.

Greenwashing e socialwashing

“Green”, “Eco-friendly”, “Sostenibile”, “Impatto zero”. Per anni, questi termini sono stati usati per attrarre consumatori sempre più consapevoli, ma ora il vento sta cambiando.

L’obiettivo? Mettere fine al greenwashing, quella pratica di marketing ingannevole che promuove un’immagine di sostenibilità ambientale non supportata da fatti concreti.

Tuttavia, l’ambito di applicazione riguarderà anche le dichiarazioni relative all’impatto sociale dalle quali deriva il socialwashing, che va dalla promozione infondata di politiche di diversità ed inclusione alle comunicazioni vaghe di “impegno nel territorio” e “supporto alla comunità locale”.

Il “social claim” più recente ed eclatante è il caso Pandoro-Ferragni, legato alle donazioni e sanzionato dall’AGCM per circa 1,4 milioni di euro.

La stretta sui green claims: dalla dichiarazione alla prova

Le nuove regole impongono di supportare ogni singolo claim ambientale o sociale con elementi effettivi, comparabili e verificabili.

Questo non è solo un onere, ma un’opportunità. Ci spinge a chiederci: qual è il modo più autentico ed efficace per dimostrare il nostro impegno?

Se in questo momento l’attenzione è sul settore ambientale, la lettera ‘E’ dell’acronimo ESG, altrettanto significative sono le pratiche relative alla lettera ‘S’, che risiedono nella sostenibilità sociale.

Non si tratta di scegliere tra le due, ma di conoscere che l’impatto reale è un mix equilibrato di entrambe.

Il volontariato aziendale come scelta strategica

L’arrivo di tali novità normative richiama i canoni di attendibilità e concretezza, a tutela dei consumatori e delle aziende che competono con trasparenza e responsabilità.

Questo spinge le imprese a una scelta strategica: dove possiamo generare un impatto reale, misurabile e autentico? È qui che il volontariato aziendale si trasforma da semplice attività di team building a pilastro della sostenibilità.

Le aziende possono scegliere di agire in modo tangibile sul territorio, costruendo un legame indelebile con la collettività, dal momento che il volontariato d’impresa:

  • è misurabile: pulire un parco, servire pasti in una mensa o assistere persone bisognose sono azioni quantificabili.
  • è autentico: l’impegno dei volontari sul campo alimenta la cultura aziendale, attirando e trattenendo i talenti.
  • è complementare: azioni come l’impiego di materiali più sostenibili e la compensazione delle emissioni di CO2 sono basilari, ma possono essere astratte per i consumatori e, per molte aziende, economicamente o strutturalmente limitate. Il volontariato aziendale non è un’alternativa, ma un complemento essenziale per dimostrare un impegno umano, scalabile e profondo, che si affianca a qualsiasi pianificazione di tipo ambientale.

Il volontariato permette di integrare il report di sostenibilità, affiancando ai dati sulle emissioni una storia potente di impatto sociale e di valore per il territorio.

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