Volontariato aziendale nel report di sostenibilità
Il volontariato d’impresa ha un spazio dedicato in un documento tecnico come il report di sostenibilità? La risposta è sì, ma per inserirlo correttamente bisogna sapere a quali standard internazionali fare riferimento: ecco una breve guida.
I riferimenti normativi: GRI, ESRS e VSME a confronto
Non esiste un capitolo “Volontariato”, ma esistono standard precisi che disciplinano il rapporto con le persone e il territorio. A seconda della finalità dell’attività, nel report di sostenibilità non semplificato vi sono due aree specifiche:
Impatto sul territorio – GRI 413 ed ESRS S3
Nell’ambito della generazione di valore per la collettività, i riferimenti sono:
- GRI 413 (Local Communities): è lo standard globale che disciplina il coinvolgimento delle comunità locali. Richiede di rendicontare le operazioni che hanno incluso programmi di sviluppo e valutazioni d’impatto sulla zona circostante.
- ESRS S3 (Affected Communities): è il nuovo standard europeo, obbligatorio per chi è soggetto a CSRD, che si occupa delle “Comunità interessate”. A differenza del GRI, l’ESRS S3 pone un accento fortissimo sui rischi e sugli impatti positivi e negativi che l’azienda genera sulle popolazioni locali. Il volontariato qui è visto come un’azione di mitigazione o di impatto positivo diretto.
Formazione interna – GRI 404 ed ESRS S1
Se il volontariato è skill-based (es. un finance manager che fa un business plan per un’associazione), rientra nello sviluppo del capitale umano:
- GRI 404 (Training and Education): disciplina la formazione dei dipendenti. Il volontariato di competenza può essere conteggiato come ore di formazione esperienziale.
- ESRS S1 (Own Workforce): è lo standard europeo sulla “Forza lavoro propria”. Includere qui il volontariato dimostra l’impegno per il benessere, il coinvolgimento (engagement) e la crescita personale dei dipendenti.
Azione sociale PMI – VSME
Se la tua azienda utilizza lo standard semplificato VSME, non troverai una casella predisposta per il volontariato nel “Modulo Base”.
Tuttavia, sia nell’ottica di promuovere il benessere dei dipendenti, che di supportare la comunità locale, è possibile inserire tale attività come “azione sociale” nel Modulo Narrativo (N-PAT), che collega la sostenibilità agli obiettivi di crescita aziendali, favorendo la pianificazione di iniziative volte a migliorare le performance ESG.
I KPI giusti per evitare il “socialwashing”
Inserire una foto di gruppo con le pettorine colorate non basta. Gli standard GRI ed ESRS richiedono dati, non solo narrazione. Per dare credibilità al report, trasforma le azioni in KPI (Key Performance Indicators):
- Ore donate: il totale delle ore lavorative che l’azienda ha investito nel sociale.
- Partecipazione: la percentuale di dipendenti che ha aderito, che rappresenta un ottimo indicatore di clima aziendale per l’ESRS S1.
- Valore economico figurativo: moltiplica le ore donate per la retribuzione oraria media. Questo mostra l’investimento economico reale dell’azienda, rendendo il dato finanziariamente rilevante.
- Link agli SDGs: collega ogni attività a un Obiettivo dell’Agenda 2030 (es. SDG 11 Città e Comunità Sostenibili) per mostrare l’allineamento agli obiettivi globali.
Il doppio valore: reputazione e strategia
Inserire il volontariato nel report trasforma un’attività benefica in un asset strategico, migliorando la reputazione del brand sul territorio e l’attrattività verso i talenti: oggi le persone vogliono lavorare per aziende che hanno uno scopo (purpose) oltre al profitto.
Raccontare bene il volontariato significa trasmettere l’impegno e il valore condiviso, sia internamente ai dipendenti che esternamente al mercato: scopri il nostro software VOLUS che aiuta a creare, gestire e rendicontare le attività di volontariato.
